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Sigarette & Co: quando  lo Stato vieta e non cura

Sigarette & Co: quando lo Stato vieta e non cura

Autore: Emilia Urso Anfuso
Data: 27/08/2009 12:38:40

(Video: un sistema casalingo per fare le sigarette)

 

 

Appassionati delle bionde? Succubi del vizio? Vittime della dipendenza? No, non si tratta di donne, bensì di tabacco. Le bionde compagne di milioni di italiani che forse, alla prima sigaretta non avrebbero mai immaginato quanto quel piccolo gesto iniziale avrebbe condizionato la propria esistenza: parola di fumatrice.

 

Sulle sigarette e la relativa dipendenza che si crea immediatamente dopo la prima bionda fumata, da anni si dice di tutto. Si decide di tutto. Si creano normative. Se ne vieta l'uso, dopo i tanti dubbi che aleggiano intorno alla produzione di sigarette ove alcuni hanno ravvisato persino l'introduzione, nelle miscele di tabacco di sostanze chimiche atte a creare una dipendenza assoluta: il tabagismo. Il tutto per sviluppare in maniera enorme il consumo e quindi la fidelizazione all'acquisto da parte di milioni di persone. Miliardi, se si guarda alla tendenza in maniera internazionale.

 

In paesi come la Cina, nazione sempre in cima alla classifica dei consumatori di tabacco, si arriva addirittura ad obbligare i cittadini di una regione a fumare: sempre ed ovunque. E' ciò che accade a Gongan, regione in cui l'industria del tabacco è la fonte primaria di economia. Come sviluppare gli affari un po' in discesa? Legiferando in maniera che, soprattutto gli impiegati pubblici, fumino anche negli orari di lavoro.

 

Contraddizioni. Aberrazioni. Sollecitazioni talmente contrastanti da creare caos in chi vive un continuo sbalzo da un criterio ad un altro, solitamente completamente contrapposto.

 

In Italia, le normative sul consumo di tabacco sono arrivate un po' in ritardo, così come accade con altre normative europee ed internazionali. Sembra che l'Italia recepisca le leggi globali sempre un bel po' di tempo dopo, rispetto alle altre nazioni.

 

Solo all'inizio del 2003 infatti, si è iniziato a legiferare sul divieto di fumare in tutti i locali pubblici. Il Ministero della salute all'epoca, dichiarava che con questa nuova normativa molti fumatori avrebbero se non smesso almeno diminuito di molto l'uso del tabacco. Ad oggi, non vi è alcun dato certo e nessuna statistica che comprovi questa diminuzione nella tendenza al tabagismo.

 

E nemmeno le scritte terrorizzanti sui pacchetti sembrano aver mosso a ragione i fumatori incalliti. "Il fumo provoca la morte" "Fumare fa male" e via discorrendo. In realtà, piuttosto che un monito alla conservazione della buona salute, questo è un escamotages a favore delle stesse case produttrici di sigarette ed affini, multinazionali incredibilmente potenti ma che nel corso degli ultimi decenni si sono a volte viste attaccare legalmente da qualche cittadino – per lo più statunitense – che ha chiamato in causa il produttore delle sigarette che nel tempo lo avevano fatto ammalare di tumore ai polmoni o altre patologie legate al consumo di tabacco. I risarcimenti miliardari dovuti al consumatore di turno hanno fatto prendere la decisione di mettere in bella mostra il consiglio di evitare di fumare se non si vuole incorrere in seri rischi per la salute. Se ci si ammala, la casa produttrice ci aveva avvertito.

 

Intanto però, il consumo di tabacco conosce nuove tendenze. Quella ad esempio dei giovani che iniziano l'esperienza del fumo di tabacco in età sempre più giovane. Se un tempo il vizio nasceva intorno ai 18 anni, oggi l'età media della prima sigaretta si aggira intorno ai 14. Le conseguenze nel tempo, possono essere immaginabili. Prima inizia il vizio, più anni di tabagismo, minore sarà l'età in cui si potrà incorrere a malattie legate all'uso continuativo di tabacco.

 

Cosa fa lo Stato italiano per gestire da un lato l'enorme volume economico alimentato attraverso il Monopolio di Stato sui tabacchi e dall'altro per quanto riguarda la salute dei cittadini? Assolutamente nulla di meritevole. Almeno per quanto riguarda la voce sanitaria. Il Ministero della sanità infatti, non fa altro da anni che generare normative di divieto del consumo. Ma questo non porta alla conseguenza di smettere di fumare. Anzi: è cosa risaputa che l'Essere Umano per sua natura, tende a sfondare i divieti di ogni sorta aumentando proprio l'azione che di volta in volta gli viene negata.

 

I divieti quindi non fanno altro che alimentare in maniera copiosa l'azione che viene vietata. E chi legifera, lo sa bene. Nel caso del tabagismo quindi, ad ogni divieto corrisponde in maniera netta e matematica un doppio risultato economico. Uno dato dall'aumento delle vendite di tabacco. L'altro dall'incameramento da parte dello stato delle sanzioni pecuniarie stabilite per i contravventori. Chiaro. Limpido. Lineare.

 

E come alimentare ancora le casse dello Stato sfruttando il canale dei tabacchi? Copiando un po' qui un po' la, normative già in atto in altri Paesi europei, come ad esempio l'ultima in ordine di arrivo che sarebbe quella di vietare di fumare mentre si guida la propria vettura.

 

Certamente molti piccoli ed anche grandi incidenti stradali, potrebbero avere origine da un calo dell'attenzione dovuto al gesto di fumare o ad uno di quei tanti piccoli incidenti provocati dalla sigaretta, come ad esempio la brace che si stacca e va a finire chissà dove proprio mentre dobbiamo affrontare una curva. Ma a questo punto è necessario che tutta la cittadinanza italiana formuli a sua volta una richiesta allo Stato ed al Ministero della Sanità.

 

Piuttosto che legiferare e basta - creando divieti su divieti - parallelamente vengano proposte – a cura e spese dello Stato e del Ministero della Sanità – cure appropriate per chi soffre di tabagismo tali da poter affrontare il problema su due fronti. L'uno coercitivo, l'altro curativo.

 

Solo in questo caso si potrà ravvedere una reale attenzione nei confronti della cittadinanza, che troppo spesso non viene sostenuta in un percorso di recupero da tutte quelle dipendenze peraltro generate in todo dal Sistema.


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